Perugia, la formazione non finisce mai

ucsiLa formazione del giornalista deve avvenire non solo prima, ma anche durante il proseguire della professione. Ciò si collega strettamente alla visione del giornalismo come una casta chiusa e legata a doppio filo con il potere. Come svincolarsi da questa concezione? Questo è stato sostenuto dal presidente dell’Associazione giornalisti scuola di Perugia, Fausto Bertuccioli.

La BBC, eccellenza storica nel mondo del giornalismo, è famosa per la formazione che impartisce costantemente al suo personale. A parlarne è Anne Morrison, direttrice della BBC Academy, scuola dell’emittente inglese che si occupa proprio di formazione giornalistica. All’interno della BBC, la formazione è obbligatoria e continua, così da garantire una crescita in corrispondenza anche con il ruolo che nella testata si occupa. Si va dalla scrittura alla gestione dei social media, da corsi di etica professionale a quelli di leadership e direzione giornalistica. Non solo: nell’ottica della condivisione e della trasparenza, sul sito della BBC tutte queste informazioni sono liberamente accessibili. L’obiettivo non è solo formare giornalisti esperti, ma anche insegnare a prevedere i mutamenti di una professione e di una realtà in costante divenire. Un cambiamento storico è per esempio quelle delle piattaforme usate dalla testata: non solo la televisione o i computer, ma gli smartphone e i tablet, con tutte le diversità di linguaggio che ciò comporta. Ancora, si aggiungono nuovi formati, da youtube ai blogger: la BBC intende offrire qualcosa di diverso puntando sulla propria credibilità.

Sergio Rizzo, giornalista del Corriere della Sera e scrittore del famoso libro La casta, è partito proprio dalla definizione che lui ha introdotto in Italia: “il giornalismo è percepito come la peggiore delle caste”. La crisi è grave, ma il giornalismo è sempre stato una casta. Il legame tra politica e giornalismo è fortissimo, e l’unica strada percorribile è quella della trasparenza. L’Ordine dei Giornalisti, ora come ora, svolge in maniera inadeguata la propria funzione, non difendendo i meritevoli e non punendo gli scorretti. “Il mestiere è in crisi perché la figura è in crisi”: è necessario un profondo esame di coscienza, una revisione del modo italiano di fare giornalismo che non voglia dire compiere dei semplici tagli economici orizzontali, ma una rinuncia a molti privilegi e asservimenti.

Secondo Gerardo Greco, conduttore di Agorà presso RAI 3, proprio tramite la formazione è possibile recuperare la credibilità persa. La RAI ha intenzione di avviare delle procedure di formazione interna che probabilmente partiranno proprio da Perugia. In ogni caso, il rapporto tra politica e giornalismo è complicato, ed oggi sono quasi più i politici ad aggrapparsi ai giornalisti che il contrario. È importante mantenere la distanza, mettere dei paletti, così da avviare un confronto dialettico. La professione è in crisi, sì, eppure attira ancora molta attenzione. Lo stesso formato del talkshow richiede una profonda revisione: l’obiettivo è riuscire a coinvolgere e a far dialogare la realtà del paese con la politica.

Negli Stati Uniti cambia forse la scuola di giornalismo, ma i problemi restano simili. A parlarne è Steve Doig, docente presso la Walter Cronkite J-School. La formazione americana può essere paragonata alla formazione in un policlinico: più che la teoria, conta l’approccio diretto con la realtà. Gli studenti sono invitati a lanciarsi subito sulla strada: il metodo giornalistico non si impara nei banchi della scuola, ma confrontandosi direttamente con la realtà. Ancora, negli Stati Uniti il problema non sta tanto nell’insorgere di nuovi strumenti con i quali ottenere informazioni, ma nell’incapacità del pubblico di distinguere tra giornalisti e meri opinionisti politici. Un giornalista è in grado di cogliere la differenza, ma come dare la possibilità al pubblico di fare altrettanto? Uno dei migliori meccanismi è quello di un controllo esterno tramite siti specializzati.

Negli ultimi minuti del panel, sono sorti dubbi sul futuro del giornalismo. Cambieranno le piattaforme, cambierà il suo volto, ma non la necessità di una narrazione della realtà, necessità che, afferma Anne Morrison, “è qualcosa di fondamentale nella natura umana, cioè la voglia di sentire storie, storie vere, precise. L’istinto è di sapere le cose del mondo, e questo rimarrà”.

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