Premio Giuseppe Fava. Musolino: “Meglio precario ma buon giornalista…”

Meglio precario ma Giornalista. Ne è assolutamente convinto Lucio Musolino, uno dei sei giovani cronisti a cui mercoledì scorso è stato assegnato il Premio Giuseppe Fava 2011. Con lui sono stati premiati altri cinque giovani giornalisti calabresi: Giuseppe Baldessarro, Ferdinando Piccolo, Michele Albanese, Giuseppe Baglivo, Antonio Nastasi. Tutti vittime di intimidazioni mafiose: dalle semplici pacche sulle spalle in tribunale, ai messaggi durante i processi, alle ambasciate degli avvocati, fino ai proiettili nelle buste e alle bottiglie di benzina davanti a casa.

«Un giornalista precario di 28 anni, legato alla sua terra, legato al concetto di giornalismo con la schiena dritta»: così Claudio Fava ha presentato Musolino, vittima di intimidazioni per aver pubblicato le informative dei Ros su stralci di conversazioni e intercettazioni sospette, che riguardavano alcuni esponenti mafiosi e in cui figurava anche il Presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti.
«Purtroppo il problema in Calabria, come in Sicilia, è uno: quali notizie dare e quali no. Noi paghiamo per aver reso pubblico il lavoro dei magistrati. Ma non c’è un altro modo per fare questo mestiere. Se dovessi cambiare modo di lavorare, piuttosto cambierei lavoro». Musolino, dopo essere stato querelato da Scopelliti e licenziato dal suo quotidiano, Calabria Ora, vive oggi nella condizione di giornalista precario. Un caso, il suo, sottolinea Fava, che rappresenta «una generazione di giornalisti, spesso giovani, che ha accolto dentro di sé il messaggio di Pippo Fava. Questi cronisti sono in pericolo perchè rischiano di diventare marginali agli occhi di tutti».

Musolino è assolutamente convinto che il buon giornalista debba soprattutto rispettare un patto di onestà con i suoi lettori. Ecco un brano dell’intervista a step1.it.
Penso che prima di tutto vengano sempre le notizie e che i veri editori in fondo sono i nostri lettori. E’ necessario un patto di onestà tra il giornalista e i propri lettori. Se questi leggono un nostro articolo è perché vogliono trovarci dentro la verità, la notizia. Spesso, però, qui da noi questo non avviene. Qui assistiamo troppo spesso a esempi di giornalismo, così come lo ha definito il procuratore Gratteri, “da maggiordomo”, un giornalismo che per qualche consulenza in più preferisce nascondere una notizia e aggraziarsi la simpatia del politico di turno, del magistrato di turno.

Alcuni colleghi mi dicono: autocensurati, fai meglio! In realtà – continua il giornalista – penso che per ripartire davvero, dovremmo ritornare ad un giornalismo vecchio stampo. In questi territori non è in discussione come si danno le notizie. E’ in discussione se dare o non dare certe notizie, e questa è una cosa gravissima. Il danno non è solo per i giornalisti che vengono messi da parte, intimiditi o epurati da una redazione, come è successo a me. Il danno maggiore, ripeto, va ai lettori. Per oltre 40 anni in Calabria c’è stato solo un giornale e qui a Catania non si può dire diversamente… Quando su un territorio esiste un solo testata d’informazione, il giornalista non si deve preoccupare di bucare una notizia. Che venga data oppure no, rilevante o meno che sia, nessuno ci farà caso. Quando nello stesso territorio, invece, ci sono più giornali, questo non avviene, ovviamente sempre nel limite della buona informazione.

Quindi è un problema solo di concorrenza editoriale?
Il problema non è solo la concorrenza editoriale. I giornalisti non sono eroi, eppure trattare determinati argomenti può esporli a rischi elevati e metterti in rotta di collisione con i propri editori, con i colleghi, con il potere politico che poi reagisce sugli editori. Posso dire che, dopo essere stato epurato dalla mia redazione, rispetto a molti altri, sono stato fortunato. Già da un anno collaboro col Fatto Quotidiano e da due mesi con La7. Questo mi consente di andare avanti, di continuare a scrivere e trattare gli argomenti che ho sempre trattato. Insomma, meglio precario ma precario Giornalista”.

Lsdi