Vita da rom nell’Italia dei mille pregiudizi

INIZIATIVE. Tre giorni d’informazione tra Roma, Milano e Napoli organizzate dalla Scuola giornalisti di Perugia. Dagli stereotipi dei media alle condizioni drammatiche dei campi abusivi.

Pregiudizi, stereotipi e, sempre più spesso, ignoranza. Ecco i mali di cui è afflitta l’informazione italiana quando affronta il tema dei rom. Con questa premessa critica è partita la prima di tre giornate dedicata alla questione rom in Italia, organizzate tra Roma, Napoli e Milano dall’Associazione Scuola giornalisti di Perugia, patrocinata dall’Ufficio anti discriminazioni (Unar) e sostenuta dalla campagna Dosta! del Consiglio d’Europa. L’iniziativa“NewsRom, informare senza pregiudizi” ha ricostruito il linguaggio e la storia delle comunità rom, sinti e camminanti con l’obiettivo di restituire un’immagine fedele dei 150-170mila presenti sul territorio italiano, la maggior parte dei quali sono cittadini italiani. Circa 20mila sono bambini sotto i 12 anni, con problemi di scolarizzazione e formazione linguistica.

«In un Paese i cui tribunali non prescrivono gli arresti domiciliari al condannato di etnia rom perché il ritorno nell’ambiente familiare è considerato un incoraggiamento a delinquere – ha esemplificato Paolo Ciani della comunità di Sant’Egidio – non si può credere che si tratti di una discriminazione superficiale». Secondo Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) «serve la pazienza dei tempi lunghi, per eliminare approssimazione e forme di razzismo anche involontario, che sa essere ancor più grave e dannoso». Dal punto di vista del professionista della comunicazione, infatti, «il linguaggio usato sui giornali e in televisione deriva dall’ignoranza e dalla fretta con cui si fa questo mestiere. Bisogna ritornare a dare le definizioni corrette e studiare i fenomeni prima di descriverli».

Così, il convegno di ieri ha evidenziato che «nomade» è una parola sgradita anche ai rom, che sono stanziali e tutt’altro che inclini a vivere nella provvisorietà di una baracca. Eppure agli occhi dell’Europa, l’Italia è considerata il “Paese dei campi”. Qui abitano 40mila rom e sinti: un quinto di una popolazione che è impossibile censire sia perché molti insediamenti sono abusivi, sia perché le persone rom difficilmente sono disposte a dichiarare le proprie origini. «Se ogni popolo è capace di riprodurre la fenomenologia del capro espiatorio – ha osservato il professore di Politiche sociali all’università La Sapienza di Roma, Marco Brazzoduro – i rom sono sempre apparsi come i più diversi tra tutti i diversi. La loro situazione giuridica è drammatica: come invisibili ricevono dopo anni di permanenza in Italia un ordine di espulsione verso un Paese di cui non conoscono nemmeno la lingua».

Le nuove generazioni, poi, sono ancora più esposte alle fragilità del welfare italiano e ad una legislazione particolarmente punitiva. «Il Fondo per l’inclusione sociale istituito con il governo Prodi è stato cancellato dal ministro Tremonti», ha denunciato Andrea Sarubbi del Partito democratico, sostenitore di una proposta di legge per il ripristino di un piano di insegnamento della lingua italiana. «Si tratta di investire 30 milioni di euro l’anno – ha aggiunto – che è una cifra irrisoria, per offrire uno strumento di difesa e di dialogo che impedisca la formazione di ghetti». E l’integrazione si costruisce a scuola, hanno indicato gli ospiti della giornate. L’attrice e vicepresidente della “Federazione rom e sinti insieme” Dijana Pavlovic ha voluto sottolineare come «a Milano nello stesso quartiere esistono due istituti, uno per gli stranieri e rom, l’altro per gli italiani, separati quasi per automatismo». Una classe intitolata “rom”, per i ragazzi più difficili. E un autobus con la scritta “pulmino rom” che porta i minori dai campi nomadi fino a scuola.

Dina Galano
http://www.terranews.it/news/2011/03/vita-da-rom-nell’italia-dei-mille-pregiudizi